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 Ossezia del Sud: Prove tecniche di Guerra Globale

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EdwardNIGMA
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MessaggioTitolo: Ossezia del Sud: Prove tecniche di Guerra Globale   Ossezia del Sud: Prove tecniche di Guerra Globale Icon_minitimeMar 26 Ago - 13:09

Ho trovato quest'analisi della situazione in Georgia.
Io odio gli allarmismi, ma è sicuramente il caso di riflettere su ciò che sta accadendo.


Nonostante la tregua paia reggere, resta molto alta la tensione in Georgia: se gli spari sono cessati volano comunque dichiarazioni che possono innescare un nuovo ritorno al conflitto armato. La mediazione europea, guidata dal presidente Sarkozy, è riuscita a strappare solo una generica “condivisione di principi politici”, naufragata sul punto sei dell’accordo, cioè quello di istituire un tavolo di discussione sulla situazione della Sud Ossezia e dell’Abkhazia: se nominalmente Mosca ha accettato la modifica proposta dal Governo di Tbilisi che sostanzialmente stralcia l’intenzione di confrontarsi sul problema delle due regioni autonome, con i fatti continua a sostenere le rivendicazioni dei loro Governi, che hanno già dichiarato di non voler trattare con la Georgia.

Inoltre il Governo georgiano e quello russo interpretano in modo diverso il punto in questione, i primi come una chiusura ad ogni tipo di rivendicazione autonomista, i secondi chiarendo che "sovranità non significa integrità territoriale" e proponendo che siano "abkhazi e osseti del Sud a decidere". Dunque, si è al punto di partenza.

Attualmente il conflitto va avanti per mezzo di accuse reciproche di pulizia etnica e rottura della tregua: per alcune di esse si è già dimostrata l’infondatezza, come per la presunta marcia di carroarmati russi verso Tbilisi, mentre altre si sono rivelate corrette: i militari russi sono effettivamente presenti a Gori, quindi in territorio georgiano, per “evacuare materiale militare da una caserma in disuso”, secondo la spiegazione fornita da Mosca. Le truppe si sono appena ritirate, consentendo ai georgiani di tornare a controllare la città. Questo stato di tensione giustifica la diffidenza reciproca che gioca a favore del mancato ritiro dei due eserciti, per motivi di sicurezza.

La situazione si fa ancora più intricata se si osservano gli atteggiamenti tenuti dalle parti terze, Ue e USA in testa. L’Europa si è schierata a favore dell’integrità georgiana, in aperto contrasto con quanto fece per il Kosovo, e quindi appoggia la politica filoamericana del governo di Tbilisi: tuttavia molti Paesi europei dipendono, per le forniture di gas e per intensi rapporti commerciali, proprio con la Russia, perciò una rottura netta è sconsigliabile. L’emblema della situazione che vive il vecchio continente è il nostro Presidente del Consiglio, che, non sapendo più che pesci pigliare, si sta barcamenando tra i noti ossequi agli americani e il “suo amico Putin”; una telefonata all’amico di Mosca gli ha fornito il pretesto per accaparrarsi parte del merito della fragile tregua ottenuta. Per il momento l’UE ha deciso solo di intensificare le missioni di osservatori ONU e Osce, rimandando a Settembre un tavolo di confronto serio.

Gli Stati Uniti invece hanno finalmente garantito l’appoggio aperto alla Georgia, minacciando Mosca di essere tagliata fuori dai Fori internazionali a causa del suo comportamento aggressivo e ingiustificato. Viene allora spontaneo da chiedersi dove fossero gli americani e tutti gli altri Paesi dei Fori internazionali quando si sono consumati gli attacchi in Iraq, in Afghanistan, in Somalia, in Vietnam e via discorrendo.

Resta il clamoroso errore di valutazione politica del presidente georgiano, Saakashvili, che ha deciso di intraprendere questa prova di forza in un momento in cui gli U.S.A., a causa del cambio di Presidente, della crisi economica scaturita dai mutui subprime e di quella energetica, hanno un momento di forte debolezza sul piano internazionale, al contrario della Russia, che è in continua crescita e che gode di ottimi rapporti con la Cina. Gli States quindi non hanno potuto fornire l’appoggio politico (e magari anche militare) sperato ai georgiani, evento che peserà parecchio nel futuro, quando gli Americani si ripresenteranno ad altri Stati “offrendo protezione” in cambio di, nel senso comunemente inteso nel Sud Italia. Certo è che in mancanza di una solida copertura americana sono intervenuti gli Stati baltici e l’Ucraina, che perseguono politiche fortemente filoamericane e in aperto contrasto con la Russia. Scene da “Guerra fredda”.

Ma ancor di più, questo quadro politico così intricato, richiama alla mente gli eventi appena precedenti alle due guerre mondiali: la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia portò ad una sorta di effetto domino che innescò il Primo conflitto, l’invasione della Polonia da parte della Germania il secondo. In entrambi questi casi era in ballo molto di più del semplice contrasto tra i due Stati e, esattamente come nel panorama attuale, contrasti economici e politici avevano già delineato forti tensioni.

La questione dell’Ossezia del Sud potrebbe essere un innesco ideale per una terza guerra mondiale. Al momento non pare si siano accumulate così tante tensioni e bisogni, ma anche per la Prima e la Seconda guerra mondiale ci furono episodi simili alle cause scatenanti, durante gli anni precedenti, che fornirono segnali inquietanti di ciò che sarebbe accaduto in seguito. Per esempio, nel 1912 si rischiò il collasso con il conflitto tra Italia e Turchia, nel 1936 con la guerra civile spagnola, nel 1938 con l’annessone dell’Austria e di parte della Cecoslovacchia da parte della Germania.
Cerchiamo, almeno una volta, di imparare da un passato che non è nemmeno troppo lontano.
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